Quirino Camerlengo, Natura e potere. Una rilettura dei processi di legittimazione politica, Mimesis, Milano-Udine, 2020, pp. 1-124

Una fiducia cieca e sfrenata nel progresso scientifico e tecnologico ha assecondato l’istinto predatorio dell’uomo con effetti nefasti sul rapporto con la natura. Cambiamenti climatici, inquinamento globale, deforestazioni, sperimentazioni fuori controllo: «la società attuale sta danneggiando il pianeta a livelli tali da superare le sue capacità di auto-risanamento» (Bookchin). Un potere inadeguato ad affrontare le sfide del futuro ha assecondato questa insaziabile pretesa di dominio sulla natura: legislatori accondiscendenti, amministrazioni distratte, giudici sin troppo prudenti, hanno avallato decisioni per molti versi irreversibili. È venuto il momento, quindi, di una ridefinizione radicale della stessa legittimazione del potere: dal popolo alla natura. Solo una inedita base di giustificazione può costringere il potere a fare i conti con un problema ambientale sempre più vitale, percorrendo con coraggio la via maestra di un nuovo «contratto naturale» (Serres).

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