Recensione ad Antonio Cantaro, “Postpandemia. Pensieri (meta)giuridici”, Giappichelli, Torino, 2021, pp. 1-179 – C. Magnani
Quando a Hegel, sia pure in segno di approvazione, veniva attribuito un modo di filosofare originale, egli ribatteva che se qualcosa di personale fosse mai stato presente nel suo pensiero, di certo si sarebbe trattato di alcunché di erroneo. Osservato da questo punto di vista, il libro di Antonio Cantaro, Postpandemia. Pensieri (meta)giuridici (Giappichelli, Torino, 2021), non è per nulla hegeliano, infatti, più che ispirato alla rigorosa oggettività del sapere scientifico è, volutamente, orientato alla contaminazione di quest’ultimo con interventi che mettono in evidenza, in prima persona si potrebbe dire, la soggettività dell’Autore. L’intento, già abbastanza intuibile dal contenuto del sottotitolo, è esplicitato sinceramente da Cantaro nei paragrafi che fungono da premessa e da conclusioni (senza essere denominati come tali). La Postpandemia (titolo per certi versi ottimistico) è affrontata, infatti, attraverso pensieri meta-giuridici dallo statuto “in progress, con tutto il carico di incosciente euforia e di allegra a-sistematicità che è insito in questo genere letterario […]. Talvolta polemici, talaltra (apparentemente) d’occasione” (p. 1); senza nascondere neppure, anzi rivendicando, che l’opera è stata anche un esercizio di “scrittura per l’antico e semplice piacere di scrivere. Un piacere inattuale e sanamente inutile” (p. 175).