Recensione a Tanja Cerruti, Regioni e indirizzo politico: un itinerario tormentato. Le scelte in materia di istruzione e assistenza sociale, Edizioni scientifiche italiane, Napoli (Memorie del Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli studi di Torino), 2020, pp. XI-483 – Q. Camerlengo

Un tema che, nella scienza costituzionalistica, ancora oggi suscita dibattiti e alimenta differenti punti di vista è senza dubbio quello dell’indirizzo politico. Da Mortati a Crisafulli, da Mannino a Cheli, da Dogliani a Ciarlo, ci si è cimentati nell’ostica impresa di cogliere l’essenza di un concetto quasi inafferrabile ma che, evidentemente, ha esercitato, usando le parole di Andrea Morrone, un indiscutibile fascino. La ragione non solo è nota, ma è ancor prima intuibile. Una attività o una funzione di indirizzo politico mette in discussione il rigore geometrico della classica tripartizione dei poteri in quanto si ipotizza che le istituzioni apicali siano provviste di strumenti idonei a impegnare o condizionare innanzitutto l’attività legislativa per il conseguimento di determinati obiettivi o per assecondare determinate linee o direttive che un tempo avremmo definite ideologiche.

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