Quale semipresidenzialismo per l’Italia? Profili critici e invito al dibattito – F. Contini

In occasione del suo discorso programmatico, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha nuovamente manifestato la volontà di modificare la Carta fondamentale in senso semipresidenziale. Ritenere tale proposito un attentato alla Costituzione, irrispettoso della nostra storia e pericoloso per la democrazia, non si addice a una cultura costituzionale degna di un Paese democratico. I nostri Padri Costituenti hanno previsto all’interno della Costituzione la possibilità di modifica, disciplinandola all’articolo 138, precisando, immediatamente dopo, che ciò che non può essere oggetto di revisione costituzionale è la forma repubblicana, obiettivo non presente nelle intenzioni della nuova maggioranza. Rileggendo attentamente tale disposizione emerge chiara e netta la volontà dei Costituenti: le modifiche costituzionali devono essere condivise. Se così non fosse, la parola finale spetterebbe al popolo, detentore della sovranità. Tale norma offre un prezioso consiglio metodologico: ben farebbe la nuova maggioranza ad aprire immediatamente un dialogo con le opposizioni e ben farebbero le opposizioni a superare ostilità ideologiche apportando il loro contributo. L’autentico spirito della Costituzione non è di rigidità nei confronti di ogni cambiamento, ma di incitamento al dialogo costruttivo, per far sì che in sede di revisione si possa ricreare quello stesso clima politico-culturale che portò all’approvazione della Carta consentendo di superare distinzioni fra partiti tra loro lontanissimi.

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